Non c’è due senza tri

Non c’è due senza tri

Triathlon Olimpico Bardolino 2017

Premessa

Ho partecipato per la prima volta al mitico Triathlon Olimpico Internazionale di Bardolino nel 2015, una delle gare di triathlon tra le più vecchie e famose, alla sua 32a edizione. Era la mia seconda esperienza su distanza olimpica e non avevo il rank, quindi partii in penultima batteria con il pettorale 1200. Non avevo mai partecipato ad una manifestazione con così tanti concorrenti e mi aveva spaventato dover condividere gli spazi esigui durante tutte le frazioni e le transizioni. Ciò nonostante avevo chiuso la gara in due ore, ventotto minuti e trentotto secondi: considerando il grande caldo di tipico di metà giugno e i 450 metri di dislivello in bici sui 40 chilometri, arrivare 413esimo e stare sotto le due ore e mezza lo ritenni un successo. Ma mi dissi: “Bardolino mai più! Troppa gente!”

L’anno successivo, nel 2016 l’organizzazione annunciò che, non potendo estendere le dimensioni della zona cambio in larghezza, l’avrebbe fatto in altezza, costruendo un soppalco: la prima zona cambio al mondo su due livelli! Non potevo perdermi questo evento che, alla sua 33a edizione, si prospettava mitico. Mi fu assegnato il pettorale 693, in quanto avevo ottenuto il rank sulla distanza, con partenza in ottava batteria e bici in zona cambio all’ombra sotto il soppalco. Tagliai il traguardo sotto un sole feroce in 02:29:07, trenta secondi in più rispetto all’anno precedente con parziali quasi identici.
Quest’anno ero indeciso se partecipare o meno a questa gara, ma mi sono lasciato convincere, non solo dalla voglia di confrontarmi con il me stesso dell’anno prima, ma anche perchè il gadget, dopo due smanicati antivento, sarebbe stato un body da triathlon della Jaked, che da solo vale i 70 euro dell’iscrizione.
In questo caso vale il detto “non c’è due senza tre”.

Preparativi

Alla sua 34esima edizione questa gara ha attratto centinaia di persone tra cui una ventina di compagni della SGM Triathlon. Una mail dell’organizzazione mi avvisa che il mio pettorale è il 474 e parto in quinta batteria, dopo le due batterie delle donne, quella degli over 60 e quella dei professionisti: in pratica sono nella prima batteria degli amatori che vanno forte! A differenza del DeeJay Tri, questa volta il mio rank è stato tenuto in considerazione.

Poiché un numero crescente di uomini sta assumendo sildenafil, la FDA è in pericolo di creare una “pillola del sildenafil” per gli uomini nella popolazione generale “.


Ci diamo appuntamento davanti alla piscina di San Giuliano Milanese, con partenza alle 8:00 in punto; io sono d’accordo con TriSi per andare in macchina con lui, come l’anno precedente. All’appuntamento ci siamo quasi tutti: Zuff, il Killer, Ale, TriSi, Pado, Tira, Corti, Giova, Cinque, Paolino, Mino, Luca, Cristian e Stefano, detto il parrucchiere, perchè in gara ci pettinava tutti, che torna a competere dopo la delicata operazione al cuore che lo ha tenuto fermo quasi due anni. Anna, Ernesto, Marchetto, Tapa e gli altri li troveremo direttamente a Bardolino.

Dettagli Gara
Tempo totale
2:30:12
Dislivello
450 mt
Nuoto
00:26:54
T1
0.02.11
bici
1.10.01
t2
0:01:41
corsa
0:49:27
Pettorale
474
Posizione
414
Pos. Categoria
81

Alle 10, dopo un viaggio rilassato e di chiacchiere con TriSi, siamo al parcheggio riservato agli atleti. Andiamo a ritirare il pacco gara nel palazzetto dello sport e come da tradizione firmiamo in corrispondenza del nostro numero di pettorale il grande tabellone che attesta la presenza degli atleti.

Quest’anno i numeri non ci vengono scritti addosso con il pennarello: nella busta insieme al chip e al pettorale, ci sono i tatuaggi trasferibili con l’acqua da applicare al braccio e al polpaccio opposto.

Dopo questa marchiatura torniamo alle macchine per prendere le bici, applicare i numeri al casco e sotto la sella, fare gli ultimi controlli e consumare al volo un piatto di pasta che diventa il nostro pranzo pre-gara.

La zona cambio chiude alle 12.15 per cui ci affrettiamo per lasciare le bici e successivamente le borse al deposito. All’ingresso della zona cambio c’è la salita verso la parte superiore con indicati i numeri dall’1 al 550: che stupore scoprire che devo andare sul soppalco! Zuff, il Killer, Marchetto, Stefano e Walterino stanno già posizionando le proprie bici sulle rastrelliere vicine, io identifico la postazione 474, verifico i percorsi più veloci per raggiungerla e per uscire. Anche per questa gara, dopo l’esperienza positiva alla DeeJay Tri, decido di lasciare le scarpe attaccate ai pedali e con gli elastichini per tenerle orizzontali.
Per la frazione run ho deciso di usare le Asics Gel Hyper Tri e di non mettere le calze, un po’ un azzardo per 10 chilometri, ma voglio limare un po’ di secondi anche in T2; posiziono le scarpe accanto alla bici, lato catena, in ogni scarpa metto un gel (che poi terrò in mano) e la visiera sopra.

Muta sì o muta no?

A mezzogiorno l’organizzazione misura la temperatura dell’acqua del lago e decreta che la muta è facoltativa. È già da qualche gara che mi frulla nella testa l’idea di provare a nuotare solo con il body: so che si nuota meno veloce, ma si risparmia tempo durante il cambio, non dovendo litigare con la muta per toglierla prima di infilare il casco e partire in bici. Nelle edizioni precedenti la frazione di nuoto l’ho finita in meno di 25 minuti e per il T1 ho impiegato circa 3 minuti e mezzo. Mi autoconvinco che è la gara giusta per provare a nuotare senza muta, quindi la lascio nello zaino, che consegno dopo la fila per l’affollatissimo deposito borse.

 

Triathlon Olimpico Bardolino: la gara

Come ogni gara che si rispetti bisogna “provare l’acqua” e infatti centinaia di atleti si ammassano lungo le sponde del lago e uno dopo l’altro, come i pinguini nei documentari, si buttano per fare un po’ di bracciate. Con una decina della mia squadra con cui siamo riusciti a ritrovarci nel marasma generale ci ritagliamo un po di spazio sul bordo: mentre scendo dagli scogli mi viene incontro dall’acqua Ernesto, che si sbraccia salutandomi. Ci lega una bella amicizia nata all’Isola d’Elba dove abbiamo condiviso il mitico Elbaman 73 nel 2016.
L’acqua del lago sembra freddina, ma è la solita impressione che si ha entrando dopo essere stati sotto il sole cocente di mezzogiorno, bastano poche bracciate per sentirmi a mio agio, anche se mi rendo subito conto della “pesantezza” dell’acqua di lago che non agevola il galleggiamento. Nuoto in direzione opposta al percorso di gara, giro quella che sarà l’ultima grossa boa nera e procedo “contromano” finchè raggiungo la boetta che segnala i 1250 metri, quindi faccio dietrofront e simulo i 250 metri finali della frazione di nuoto: questa gara è famosa per avere le tante boette bianche di direzione collegate sul fondo da una catenaria che, se vista, può essere usata per procedere lungo la traiettoria migliore come si fa in piscina con la striscia di piastrelle nere.
Poiché il mio lato di respirazione preferito è il destro sperimento che è meglio stare sulla sinistra della fila di boette per poterle vedere sfilare man mano che passano i metri: sarà la mia strategia di gara.

Quando esco dall’acqua, giusto il tempo per una foto di gruppo e comincia la spunta delle prime batterie; una mandria di milleottocento persone in gruppi da 150 si snoda sul lungo lago e si incanala verso il pontile sotto un sole cocente. Con me ci sono altri 149 triatleti tra cui i miei compagni Zuff, il Killer e Marchetto che sono tra i più forti della SGM. Sono l’unico senza muta, “ci sarà un motivo” penso. Però sono anche l’unico che non sta morendo di caldo strizzato nel neoprene nero. Ho giusto il tempo per verificare che il mio Garmin Forerunner 910XT sia pronto a registrare tutti i dati della gara: passo alla modalità “multisport” e, come suggeritomi dal Mago, avvio per una registrazione di prova: premo il tasto LAP per scorrere tra Swim-T1-Bike-T2-Run, ma dopo essere passato al T1 l’orologio non procede nei passaggi. Interrompo la prova e riavvio, quindi ricomincio la procedura di test: ora il passaggio da una frazione all’altra con il tasto Lap funziona e riesco a completare la registrazione di prova. Grazie Mago per il consiglio!

TIP: Fai sempre una registrazione di prova con il tuo Garmin prima di iniziare una gara!

Frazione Nuoto

Tocca a noi scendere dal pontile e entrare nell’acqua fino alla vita in attesa della tromba di partenza. Come da strategia mi posiziono tutto a sinistra per avere le boette sulla destra, praticamente quello che fa la metà degli atleti della mia batteria che, essendo entrati in acqua prima di me, mi fanno da muro. Non ho il tempo di cercare una posizione migliore che viene dato lo start: avvio il Garmin e metto gli occhialini. Ecco, non ho sputato nelle lenti per evitare che si appannino.
Non posso partire subito forte per avere acqua libera intorno come fatto negli anni precedenti in quanto non sono in prima fila, pertanto mi trovo nel bel mezzo di quella che gli americani chiamano “washing machine”: nuoto in mezzo a decine di braccia che roteano, mani che menano e piedi che frullano facendo ribollire l’acqua del Garda. Senza muta mi sento più esposto e vulnerabile, ma sto al gioco e cerco di tenere il ritmo stando in scia, nonostante chi mi sta alle calcagna continui a toccarmi i piedi e attaccarsi alle caviglie col rischio di strapparmi il chip e facendomi affondare le gambe; così accendo il motore e faccio andare i piedi velocemente in modo da creargli schiuma e fastidio nella speranza di distanziarlo di qualche metro e ne approfitto per spostarmi più a sinistra dove c’è meno ressa. Finalmente posso trovare il mio ritmo, vedo qualche boetta bianca sulla destra a svariati metri da me, forse troppi, ma continuo a seguire chi mi precede verso la prima boa nera Jaked da girare in senso antiorario. Passata la buriana iniziale e il segnale dei 250 metri respiro frontalmente per cercare la grossa boa: mi sono spostato troppo e ora non sono in traiettoria per poterla girare tenendola a sinistra, devo rientrare nel gruppo e quando la raggiungo ci nuoto praticamente sotto stando attento a non toccarla, perchè non so se ci sia una penalità in caso di contatto, ma come sempre nel cambio di direzione c’è sempre ressa e si viene spinti e sballottati.
La seconda boa è vicina e anche questa la si gira di 90° in senso antiorario per affrontare il lunghissimo rettilineo verso l’ultima boa a 200 metri dall’uscita. Il ritorno è controluce e mi rendo conto che ho gli occhialini appannati, non vedo la catenaria sul fondo e mi accorgo delle boette bianche direzionali solo quando ci sono quasi contro. Attorno a me ancora tanti della mia batteria che avanzano alla stessa velocità e qualcuno della batteria precedente che viene superato, tra cui uno che non vedo fino all’ultimo e che scarto di scatto, ma sta nuotando a rana e mi rifila un calcio in pancia, mozzandomi il respiro.
Passo il segnale dei 1250 metri che mi sembra di essere in acqua da un’eternità, ma mi faccio forza pensando che l’uscita è vicina, giro la terza ed ultima boa ma perdo le boette direzionali: gli occhialini sono così appannati che non riesco più a trovarle; non mi resta che seguire i piedi che mi precedono, peccato che così facendo non sfrutto la traiettoria ottimale e quando individuo il gonfiabile dell’arrivo sono più a largo del previsto: correzione di rotta e via verso lo scivolo dove i volontari mi aiutano ad uscire strappandomi dall’acqua.
Come metto piede sul pontile premo il tasto LAP: 26 minuti e 50 secondi… un po’ troppo rispetto al mio potenziale, ma la gara è ancora lunga.

T1

Comincio a correre agile, senza la goffaggine data dalla muta e dalle operazioni di svestimento in movimento. Quando arrivo sul soppalco al di là della rastrelliera c’è Zuff che sta armeggiando per sfilarsi la muta: mannaggia, è stato più veloce di me in acqua. Ma ora a me basta infilare la cintura con il pettorale, indossare il casco e gli occhiali prima di schizzare via lasciandolo lì. “Tanto hai ancora 50 chilometri tra bici e corsa per venirmi a prendere” penso.
Corro scalzo sul morbido tappeto che porta fuori dalla zona cambio, governando la bici dal sellino fino al punto oltre il quale i giudici consentono di salire e partire per la frazione bike. Salto al volo sulla sella, appoggio i piedi sulle scarpe e comincio a pedalare.
Premo il tasto LAP: 2 minuti e 25 secondi… mmm, speravo meglio.

Frazione bici

Dopo un breve tratto sul lungolago, dove tengo una velocità moderata per riuscire ad infilare i piedi nelle scarpe e chiudere bene gli straps col velcro, si esce da Bardolino; avanti qualche centinaio di metri c’è un gruppetto di triatleti che vorrei raggiungere e per stare in scia fin da subito, quindi spingo sui pedali e li raggiungo all’inizio della prima salita che affronto aggressivo facendo schizzare i battiti oltre la mia soglia aerobica ed entrando in affanno. Il gruppetto mi sfila via e mi trovo da solo, riprendo fiato nella breve discesa e cerco il mio ritmo in attesa che mi raggiunga un altro gruppo. Cosa che non tarda a succedere, ma avviene su un’altra salita dove io non ho lo stesso spunto degli altri, per cui lascio che mi superino nella speranza di riprenderli dopo lo scollinamento. Vana speranza.
Si ripete la stessa scena a più riprese durante tutta la frazione di bici: dopo circa 12 chilometri, sulla salita di Cavaion Veronese mi raggiunge e mi passa il Killer; sulla salita successiva, intorno al diciottesimo, è il turno di Zuff e del gruppo cui si è aggregato.
Su 40 chilometri almeno una trentina li faccio da solo e vedo sfumare l’obiettivo di migliorare il tempo degli anni precedenti che era stato di un’ora e dieci minuti. Soffro nel non avere le prolunghe sul manubrio per poter assumere la posizione aero che mi piace tanto e che mi consente di guadagnare almeno un paio di chilometri all’ora, ma cerco comunque di non mollare. Sui tratti in piano riesco a dare il meglio di me e dal 23esimo al 33esimo chilometro riesco a rialzare la media, poi iniziano le discese finali tra cui un serpentone di tornanti piuttosto pericolosi. Tanto che al terzo tornante vedo una bici a terra con vicino un concorrente sdraiato in mezzo alla strada e un altro che lo sta aiutando ad alzarsi: rallento bruscamente per passare oltre schivandoli ed evitando ulteriori danni. Spero non si siano fatti male e che i prossimi avranno la stessa mia prontezza ed accortezza.
Terminata la discesa con i tornanti passo il cartello stradale di Bardolino e butto l’occhio sul parziale: un’ora e tre minuti. Forse posso riuscire a chiudere la frazione di bici con lo stesso tempo dell’anno precedente, devo solo fare in 7 minuti i 4 chilometri che mancano all’arrivo.
Arrivo sul lungolago e comincio ad armeggiare con gli strap delle scarpe per estrarre prima un piede, poi l’altro, in modo da saltare giù dalla sella sulla linea di cambio e poter correre scalzo sul tappeto. Come già successo alla Deejay Tri anticipo troppo questa procedura e mi tocca pedalare con i piedi appoggiati sulle scarpe per qualche centinaio di metri.
Quando arrivo sulla linea di cambio, smonto dal volo e premo il tasto LAP: 1 ora 9 minuti e 36 secondi!

T2

Iniziare a correre dopo una sessione in bici per me è sempre traumatico: le gambe non ne vogliono sapere di “girare” e già in zona cambio fanno fatica a spostarmi, in più mi tocca fare la salitella per il soppalco. Aggancio la bici alla rastelliera quindi slaccio il casco (non come l’anno scorso che ho fatto il contrario e il giudice me lo ha fatto riallacciare).
Calco la visiera sulla testa, faccio scivolare i piedi nelle Asics che avevo preventivamente cosparso di borotalco per facilitare l’operazione, infilo i due gel nelle taschine del body e mi dirigo verso l’uscita. Altro click sul tasto LAP, ora si corre.

Frazione run

I primi metri sono all’ombra degli alberi della zona cambio, ma appena ci si immette sul lungolago il sole fa subito sentire la sua presenza: avevo previsto che il vero nemico di questa gara sarebbe stato il caldo, ma non immaginavo a fino a questo punto. Il primo chilometro lo faccio in circa 5 minuti, con la bocca riarsa e una grande sete: metto un piede avanti all’altro nella speranza di arrivare presto al primo ristoro, mentre mi sorpassano svariati concorrenti che sono al loro secondo giro, ma non mi lascio demoralizzare, in fondo loro sono i pro e i migliori tra gli atleti elite. Il percorso non è affollato di triatleti come mi ricordavo gli anni precedenti, ma pensandoci è perchè la gran parte di loro è ancora impegnata nella frazione in bici.

Dopo circa due chilometri e mezzo agguanto una bottiglietta d’acqua da un volontario al ristoro e me la verso un po’ in bocca un po’ addosso, proprio mentre dietro le transenne poco più avanti sento urlare Forza Simo!
Sono Ernesto e Gabriella che incitano e fanno le foto ai compagni di squadra. Sarà l’acqua o lo sprone di Ernesto ma sento di poter aumentare il ritmo.
Aspetta! Cosa ci fa Ernesto lì? Cosa gli è successo? Dovrebbe essere in gara, non a far da spettatore!
Continuo a correre con la bottiglietta in mano, anche se è scomoda ogni tanto riesco a bere un sorso e a bagnarmi la testa, le spalle e le cosce.

Il bello dei percorsi multilap è che si possono incrociare gli altri compagni di squadra e infatti vedo prima il Killer, poi Zuff circa un chilometro davanti a me e poi Luca, un chilometro dietro con una falcata invidiabile, Corti, Paolino, Stefano e Walterino. E intanto il primo giro di 5 chilometri sta finendo, con il bel passaggio nel centro storico di Bardolino, tra le tante persone comodamente sedute ai tavolini di bar e ristoranti, alcuni dei quali incitano i triatleti che gli passano accanto ansimanti. Arrivo al bivio con il cartello dritto per l’arrivo e destra per il secondo giro: il concorrente davanti a me tira dritto, io ovviamente prendo la destra, ma non vedo l’ora di rivedere quei cartelli.

All’inizio del secondo giro mi sento meglio rispetto al primo, tant’è che il Garmin mi segnala che il sesto chilometro l’ho percorso in 4:48 con un ritmo medio di 4:55. Altro passaggio al ristoro, altra bottiglietta amica e altro passaggio vicino ad Ernesto e Gabriella. Le uniche varianti sono i tanti atleti in più sul percorso e Luca che, a differenza degli altri compagni di squadra che incrocio in senso opposto, mi raggiunge e mi supera ad una velocità impressionante.

Quando entro per la seconda volta nel centro di Bardolino e passo tra le ali di folla mi pervadono i brividi, credo per l’emozione, ma forse è solo una reazione al caldo.
Ecco finalmente il bivio ed il cartello che indica la salita verso la finish-line, do uno sguardo all’orologio: 2:29:05. Anche se dessi tutto non riuscirei a migliorare il tempo dello scorso anno, ma nonostante questo decido di spremere le ultime energie e dopo la discesa aumento il passo fino a 4’15” al chilometro, tanto che riesco anche a superare e distanziare un paio di concorrenti, per poi passare la finish line con il mio salto.

 

Dopo l’arrivo

Riprendo fiato e sto qualche secondo sotto la doccia fredda dove tutti i finisher cercano refrigerio, quindi cerco qualche compagno tra gli atleti che hanno terminato prima di me: vedo Marchetto, il Killer, Zuff e Luca.
Il tempo di qualche pacca sulla spalla e tagliano il traguardo a breve distanza l’uno dall’altro anche il Corti, Paolino e Stefano. Sono tutti stremati dalla fatica e dal caldo, ma trovano la forza per ricevere gli abbracci dei compagni, che al termine di questa gara significano tanto, soprattutto per Stefano che, dopo due anni di stop, è finalmente tornato a competere contro ogni pronostico medico. Quando lo abbraccio e gli faccio i complimenti, sento qualche singhiozzo e noto che gli occhi nascosti dalle lenti degli occhiali da sole, luccicano di commozione.
Forza Stefano, che la prossima gara mi darai una pettinata come due anni fa!

 

ps: vi state chiedendo cosa ci facesse Ernesto a far le foto al posto di gareggiare? Tra le regole ferree del Triathlon Olimpico di Bardolino c’è anche il limite di 40 minuti per portare a termine la frazione di nuoto, chi ne impiega di più viene eliminato.
“Ernesto, l’anno prossimo nuota più veloce! ;)”