TIP: Fai sempre una registrazione di prova con il tuo Garmin prima di iniziare una gara!
Frazione Nuoto
Tocca a noi scendere dal pontile e entrare nell’acqua fino alla vita in attesa della tromba di partenza. Come da strategia mi posiziono tutto a sinistra per avere le boette sulla destra, praticamente quello che fa la metà degli atleti della mia batteria che, essendo entrati in acqua prima di me, mi fanno da muro. Non ho il tempo di cercare una posizione migliore che viene dato lo start: avvio il Garmin e metto gli occhialini. Ecco, non ho sputato nelle lenti per evitare che si appannino.
Non posso partire subito forte per avere acqua libera intorno come fatto negli anni precedenti in quanto non sono in prima fila, pertanto mi trovo nel bel mezzo di quella che gli americani chiamano “washing machine”: nuoto in mezzo a decine di braccia che roteano, mani che menano e piedi che frullano facendo ribollire l’acqua del Garda. Senza muta mi sento più esposto e vulnerabile, ma sto al gioco e cerco di tenere il ritmo stando in scia, nonostante chi mi sta alle calcagna continui a toccarmi i piedi e attaccarsi alle caviglie col rischio di strapparmi il chip e facendomi affondare le gambe; così accendo il motore e faccio andare i piedi velocemente in modo da creargli schiuma e fastidio nella speranza di distanziarlo di qualche metro e ne approfitto per spostarmi più a sinistra dove c’è meno ressa. Finalmente posso trovare il mio ritmo, vedo qualche boetta bianca sulla destra a svariati metri da me, forse troppi, ma continuo a seguire chi mi precede verso la prima boa nera Jaked da girare in senso antiorario. Passata la buriana iniziale e il segnale dei 250 metri respiro frontalmente per cercare la grossa boa: mi sono spostato troppo e ora non sono in traiettoria per poterla girare tenendola a sinistra, devo rientrare nel gruppo e quando la raggiungo ci nuoto praticamente sotto stando attento a non toccarla, perchè non so se ci sia una penalità in caso di contatto, ma come sempre nel cambio di direzione c’è sempre ressa e si viene spinti e sballottati.
La seconda boa è vicina e anche questa la si gira di 90° in senso antiorario per affrontare il lunghissimo rettilineo verso l’ultima boa a 200 metri dall’uscita. Il ritorno è controluce e mi rendo conto che ho gli occhialini appannati, non vedo la catenaria sul fondo e mi accorgo delle boette bianche direzionali solo quando ci sono quasi contro. Attorno a me ancora tanti della mia batteria che avanzano alla stessa velocità e qualcuno della batteria precedente che viene superato, tra cui uno che non vedo fino all’ultimo e che scarto di scatto, ma sta nuotando a rana e mi rifila un calcio in pancia, mozzandomi il respiro.
Passo il segnale dei 1250 metri che mi sembra di essere in acqua da un’eternità, ma mi faccio forza pensando che l’uscita è vicina, giro la terza ed ultima boa ma perdo le boette direzionali: gli occhialini sono così appannati che non riesco più a trovarle; non mi resta che seguire i piedi che mi precedono, peccato che così facendo non sfrutto la traiettoria ottimale e quando individuo il gonfiabile dell’arrivo sono più a largo del previsto: correzione di rotta e via verso lo scivolo dove i volontari mi aiutano ad uscire strappandomi dall’acqua.
Come metto piede sul pontile premo il tasto LAP: 26 minuti e 50 secondi… un po’ troppo rispetto al mio potenziale, ma la gara è ancora lunga.
T1
Comincio a correre agile, senza la goffaggine data dalla muta e dalle operazioni di svestimento in movimento. Quando arrivo sul soppalco al di là della rastrelliera c’è Zuff che sta armeggiando per sfilarsi la muta: mannaggia, è stato più veloce di me in acqua. Ma ora a me basta infilare la cintura con il pettorale, indossare il casco e gli occhiali prima di schizzare via lasciandolo lì. “Tanto hai ancora 50 chilometri tra bici e corsa per venirmi a prendere” penso.
Corro scalzo sul morbido tappeto che porta fuori dalla zona cambio, governando la bici dal sellino fino al punto oltre il quale i giudici consentono di salire e partire per la frazione bike. Salto al volo sulla sella, appoggio i piedi sulle scarpe e comincio a pedalare.
Premo il tasto LAP: 2 minuti e 25 secondi… mmm, speravo meglio.
Frazione bici
Dopo un breve tratto sul lungolago, dove tengo una velocità moderata per riuscire ad infilare i piedi nelle scarpe e chiudere bene gli straps col velcro, si esce da Bardolino; avanti qualche centinaio di metri c’è un gruppetto di triatleti che vorrei raggiungere e per stare in scia fin da subito, quindi spingo sui pedali e li raggiungo all’inizio della prima salita che affronto aggressivo facendo schizzare i battiti oltre la mia soglia aerobica ed entrando in affanno. Il gruppetto mi sfila via e mi trovo da solo, riprendo fiato nella breve discesa e cerco il mio ritmo in attesa che mi raggiunga un altro gruppo. Cosa che non tarda a succedere, ma avviene su un’altra salita dove io non ho lo stesso spunto degli altri, per cui lascio che mi superino nella speranza di riprenderli dopo lo scollinamento. Vana speranza.
Si ripete la stessa scena a più riprese durante tutta la frazione di bici: dopo circa 12 chilometri, sulla salita di Cavaion Veronese mi raggiunge e mi passa il Killer; sulla salita successiva, intorno al diciottesimo, è il turno di Zuff e del gruppo cui si è aggregato.
Su 40 chilometri almeno una trentina li faccio da solo e vedo sfumare l’obiettivo di migliorare il tempo degli anni precedenti che era stato di un’ora e dieci minuti. Soffro nel non avere le prolunghe sul manubrio per poter assumere la posizione aero che mi piace tanto e che mi consente di guadagnare almeno un paio di chilometri all’ora, ma cerco comunque di non mollare. Sui tratti in piano riesco a dare il meglio di me e dal 23esimo al 33esimo chilometro riesco a rialzare la media, poi iniziano le discese finali tra cui un serpentone di tornanti piuttosto pericolosi. Tanto che al terzo tornante vedo una bici a terra con vicino un concorrente sdraiato in mezzo alla strada e un altro che lo sta aiutando ad alzarsi: rallento bruscamente per passare oltre schivandoli ed evitando ulteriori danni. Spero non si siano fatti male e che i prossimi avranno la stessa mia prontezza ed accortezza.
Terminata la discesa con i tornanti passo il cartello stradale di Bardolino e butto l’occhio sul parziale: un’ora e tre minuti. Forse posso riuscire a chiudere la frazione di bici con lo stesso tempo dell’anno precedente, devo solo fare in 7 minuti i 4 chilometri che mancano all’arrivo.
Arrivo sul lungolago e comincio ad armeggiare con gli strap delle scarpe per estrarre prima un piede, poi l’altro, in modo da saltare giù dalla sella sulla linea di cambio e poter correre scalzo sul tappeto. Come già successo alla Deejay Tri anticipo troppo questa procedura e mi tocca pedalare con i piedi appoggiati sulle scarpe per qualche centinaio di metri.
Quando arrivo sulla linea di cambio, smonto dal volo e premo il tasto LAP: 1 ora 9 minuti e 36 secondi!
T2
Iniziare a correre dopo una sessione in bici per me è sempre traumatico: le gambe non ne vogliono sapere di “girare” e già in zona cambio fanno fatica a spostarmi, in più mi tocca fare la salitella per il soppalco. Aggancio la bici alla rastelliera quindi slaccio il casco (non come l’anno scorso che ho fatto il contrario e il giudice me lo ha fatto riallacciare).
Calco la visiera sulla testa, faccio scivolare i piedi nelle Asics che avevo preventivamente cosparso di borotalco per facilitare l’operazione, infilo i due gel nelle taschine del body e mi dirigo verso l’uscita. Altro click sul tasto LAP, ora si corre.
Frazione run
I primi metri sono all’ombra degli alberi della zona cambio, ma appena ci si immette sul lungolago il sole fa subito sentire la sua presenza: avevo previsto che il vero nemico di questa gara sarebbe stato il caldo, ma non immaginavo a fino a questo punto. Il primo chilometro lo faccio in circa 5 minuti, con la bocca riarsa e una grande sete: metto un piede avanti all’altro nella speranza di arrivare presto al primo ristoro, mentre mi sorpassano svariati concorrenti che sono al loro secondo giro, ma non mi lascio demoralizzare, in fondo loro sono i pro e i migliori tra gli atleti elite. Il percorso non è affollato di triatleti come mi ricordavo gli anni precedenti, ma pensandoci è perchè la gran parte di loro è ancora impegnata nella frazione in bici.