Campione italiano

Campione italiano

Campionato italiano Triathlon medio - Lovere 2018

Premessa

Ho deciso di iscrivermi al Triathlon Medio di Lovere poco dopo aver terminato il mezzo ironman al Sardinia Chia Triathlon, grazie al suggerimento del Killer, il mio compagno di squadra Stefano. Mi sono lasciato ingolosire della tariffa più bassa della media sulle gare di questa distanza: 100 euro! E dal fatto che avrei potuto alloggiare nella casetta in montagna dei miei, a mezz’ora di macchina da Lovere.

Non avevo però considerato che fosse la gara di campionato italiano su distanza media e quindi con molti atleti élite, né che il tracciato in bici avesse un discreto dislivello e quindi salite toste.

Il giorno della gara

Anche se esco presto da casa e posiziono la bici in zona cambio con un discreto anticipo non riesco a fare tutto il riscaldamento pre gara come indicato dal mio Coach Josè di Triathlon Passione.
Ma almeno una nuotata nel lago per testare la temperatura (secondo le rilevazioni del giorno prima 15,8°circa!) e la pesantezza dell’acqua la voglio fare: anche se l’acqua è fredda apprezzo del lago l’assenza totale di onde e ripenso al mare incazzato che c’era al mezzo ironman di Chia. Giusto il tempo di qualche bracciata e via a fare la spunta.

Frazione nuoto

La partenza è dal lungo pontile dove man mano si accalcano gli 800 iscritti: il via della prima batteria (donne e anzianotti) viene dato con 10 minuti di ritardo. Poi tocca alla prima batteria uomini di cui faccio parte: tra i 225 concorrenti della mia batteria riesco a riconoscere il mio compagno di squadra Stefano e lo raggiungo per scambiare le ultime battute prima dello start. Fatta la spunta elettronica scelgo di allontanarmi dalla calca iniziale e percorro quasi tutto il pontile: trovo un punto libero, mi butto in acqua e parte il solito stimolo: inizio a fare la pipì e… PIIIIIII viene dato lo start!

Ma come? Così? Vabbè, via “zitto e nuota!”.

Dettagli Gara
Tempo totale
05:16:48
Dislivello
1000
Nuoto
0:32:03
T1
0:02:29
bici
2:58:29
t2
0:02:45
corsa
1:41:03
Pettorale
198
Posizione
298
Pos. Categoria
72

Le partenze dove siamo tutti in linea mi piacciono perché c’è meno ressa: infatti nuoto senza contatti fino alla prima boa rossa direzionale, mentre le canoe dell’assistenza ai lati ci fanno compattare ma mano, come i mandriani con le mucche.
Alla prima boa gialla, su cui virare di 90°, mi ritrovo in un gruppone: probabilmente la mia traiettoria non era quella ottimale, ma preferisco nuotare senza stress. La seconda boa gialla è vicina, virata di altri 90° e via diritto per quasi un chilometro; provo a stare in scia, ma non mi trovo a mio agio, per cui sto defilato, superando ogni tanto le cuffie verdi della batteria precedente. Mi rendo conto che non sto forzando il ritmo: forse dovrei? La gara è lunga, meglio tenersi. Accelero solo negli ultimi 250 metri e quando esco dall’acqua il garmin riporta 30 minuti e 50 secondi.

T1

Prima transizione di quasi 4 minuti, contando la corsa fino la zona cambio tutta in leggera salita, la rimozione della muta e la corsa con le scarpe da bici fino alla mount line.

Frazione bici

Mi posiziono subito sulle aerobar e trovo il mio ritmo per i primi chilometri.
Sorseggio regolarmente dalla borraccia sul manubrio il mix di maltodestrine e sali e mangio un pezzo di barretta proteica qualche chilometro prima della fantomatica salita per lasciarne il resto per la prima metà della gara. In questo tratto di strada mi superano dei missili su bici da crono con ruote lenticolari il cui rumore nelle gallerie buie fa paura. Dopo circa 15 chilometri ci aspetta lo svincolo verso la salita: scalo la marcia sul padellino e capisco subito che sarà lunga e dura. Lo sapevo che questo è il mio punto debole e evito di contare tutti quelli che mi sorpassano agili mentre io sbuffo e sudo. Mi passa il mio compagno di squadra, detto “il killer” mica per niente: in salita è una iena, ma in realtà è forte in tutto!
Potrei forzare un po’ di più, ma ho timore di pagarla al secondo giro, quindi mi regolo in base alla frequenza cardiaca, fissandomi il limite a non più di 140bpm. Sti maledetti 5,5 km non finiscono mai e per raggiungere la cima con il ristoro e il giro di boa mi ci vuole quasi mezz’ora: la media è scesa a 24 km/h, ma ora la goduria nella discesa è massima!

Il tratto fino a Sarnico e ritorno va via abbastanza liscio, al netto delle gallerie buie dove non sono a mio agio, anche perché ci sono parecchi concorrenti sleali che, alla faccia del no-draft, fanno scia e ne approfittano proprio durante i passaggi in galleria. Li lascio sfilare e piuttosto rallento quando mi si piazzano davanti: non voglio fare scia né rischiare penalità, a costo di metterci qualche minuto in più.

Esattamente a metà della frazione ho un cedimento, più psicologico che fisico: non riesco più a spingere sui pedali e tenere la velocità media che vorrei, questo fa insinuare pensieri brutti nel mio cervello. No, i pensieri negativi proprio no!

Vengo superato, fa niente. Vado più piano, fa niente.

La gara è lunga, devo ancora affrontare per la seconda volta la salita maledetta e devo farlo con la mente sgombra. Al ristoro afferro una banana che spezza la monotonia di barrette e maltodestrine, mi godo il paesaggio, penso alla mia bimba, penso che sto facendo quello che mi piace, insomma lascio che i pensieri positivi facciano il pieno, scalzando quelli negativi.
E così senza accorgemene sono di nuovo ad imboccare la salita: padellino, calma, sudore, fatica, battiti controllati e via, esattamente come prima, con la consapevolezza che poi sarà tutto “in discesa”. Ringraziando il meteo il cielo è coperto e non c’è quel caldo torrido che rischiava di squagliarci anche i pneumatici: salendo a soli 10 chilometri orari perlomeno ho modo di apprezzare una vista mozzafiato sul lago d’Iseo. Anche stavolta mi ci vuole mezz’ora per raggiungere la cima, ma le gambe hanno retto senza crampi, né cedimenti. Borraccia con i sali e banana al volo al ristoro e poi di nuovo giù in picchiata!

Negli ultimi chilometri verso Lovere riesco a tenere di nuovo un buon ritmo e arrivo in zona cambio dopo poco meno di 3 ore in sella.

T2

In T2 corro scalzo, ma è un piacere farlo sull’erba sintetica del campo di calcio che ospita la zona cambio: le gambe sono dure e non girano, ma so che è solo un effetto di passaggio. Indosso le calze e le scarpe da running: per questa gara ho scelto le Asics Hyper Tri, delle A1, leggere e non molto ammortizzate, ma comodissime.

Frazione Corsa

L’uscita dalla zona cambio inizia con una discesa che porta al punto in cui il percorso si divide: a sinistra verso il circuito da compiere 5 volte, a destra verso i 200 metri che portano alla finish line. E proprio mentre sono accanto al traguardo lo speaker annuncia l’arrivo del vincitore: Marcello Ugazio!
Mi fermo, mi giro, lo applaudo e mi godo il suo arrivo! In 3 ore e 55 minuti è campione italiano. E io devo ancora iniziare la mia mezza maratona… vabbè!

Imposto il mio ritmo intorno ai 5 minuti al chilometro, sto bene, anche qui potrei spingere di più, ma ormai ho capito che la pagherei dopo. Non importa se mi sorpassano in molti: il mio obiettivo è cercare di essere più costante possibile.

Divido mentalmente la mezza maratona in piccoli pezzi

Già il fatto che sia multilap aiuta; se all’inizio il dover fare 5 volte lo stesso tracciato mi spaventa, cerco di girarla in positivo, perché posso spezzare la mezza maratona in tante piccole parti. Il primo giro è di studio: passaggio accanto al traguardo, 300 metri e primo ristoro, 700 metri e vasche per lo spugnaggio, 1 chilometro piazza del paese, 2 chilometri primo giro di boa, poi secondo ristoro, passaggio in paese, ritorno al porto, salita verso la zona cambio, discesa verso l’arrivo e via…

Il primo giro va via liscio, poi si apre il cielo e il sole comincia a farsi sentire. Ai ristori alterno coca cola e sali, a volte un pezzo di banana e un gel SIS al primo e al terzo lap.

Altra cosa bella dei multilap è che si incrociano gli altri concorrenti e si incita o si viene incitati da chi si conosce: il killer lo incrocio quasi subito, ma sarà al suo secondo giro e ogni volta è un “Dai Simo!”. Un altro bel momento è quando mi riconosce Dario che, come me, è allenato dal coach Jose: il nostro incrocio dura un attimo, ma mi da un bel boost!
L’aiuto più grande però me lo da il mio amico Roberto che mi fa il tifo dal bordo strada con suo figlio Tobia di 6 anni: ad ogni passaggio nel centro di Lovere il piccolo vuole il 5 e poi si mette a correre sul marciapiede accanto a me e sfilandomi via urla “Vado più veloce di teeee!” salvo poi fermarsi sfiancato dopo 100 metri.

Ora ho capito perché è vietato per i sostenitori correre accanto ai concorrenti: è un doping naturale!

 

Il ritmo della mia corsa comunque cala fisiologicamente, ma meno di quanto è successo in tutti gli altri mezzi ironman cui ho partecipato. Forse per via del caldo che ora è fisso sopra i 30 gradi. E forse perché ai ristori cammino, per prendermi il tempo di bere e mangiare.

Solo all’ultimo giro provo a riprendere velocità, ma senza successo, quindi procedo regolare, mentre Roberto e Tobia mi corrono accanto e si dirigono all’arrivo per aspettarmi.
Soffro sull’ultima salitella e poi lascio frullare le gambe sulla discesa che porta al bivio, dove finalmente posso imboccare la destra e raggiungere il traguardo: lungo la passerella di arrivo faccio il conto alla rovescia: Vun Du Tri!
taglio la finish line con un sorriso dopo 5 ore e 16 minuti!

Molti i ritirati e gli squalificati, la classifica finale mi assegna solo il 298° posto su 588 finisher, ma io mi sento comunque campione italiano!