Da top model a top runner
Ultra - Folco Terzani e Michele Graglia
Autobiografia di Bruno Brunod, probabilmente l’inventore dello skyrunning e padre putativo del più famoso Kilian Jornet.
La prima volta che ho sentito nominare Bruno Brunod è stato da Pietro Trabucchi nel 2011: eravamo in Val D’Aosta, proprio nella patria di Brunod, per un weekend di team building aziendale basato sulla resilienza, tra prove di orienteering, escursioni in montagna, prove di ferrata e discese in corda doppia dal ponte. Durante gli incontri serali, dopo aver analizzato e commentato le nostre prove che ci avevano messo di fronte a concetti quali fatica, resistenza e determinazione, Trabucchi ci raccontava di come aveva seguito, in qualità di psicologo e mental coach, le imprese sportive e i tentativi di record di alcuni atleti, tra cui Bruno Brunod. Aveva seguito Bruno e il suo team anche sull’Everest, per realizzare il record di salita e discesa sul tetto del mondo.
Allora non sapevo nulla di running, nè di corsa in montagna (e nemmeno di triathlon), ma quell’esperienza e quei racconti sentiti dal vivo mi hanno acceso una scintilla che ha cambiato pian piano la mia vita.
Skyrunner è un libro semplice e genuino, proprio come l’autore, un pastore nato in alta montagna e abituato a correre in salita fin da bambino dalla casa in paese agli alpeggi per lavorare con la madre e i fratelli.
Bruno Brunod ha fatto della salita la sua filosofia di vita, cercando se stesso nelle fatiche delle salite, anche a livello agonistico, prima in bici e poi di corsa.
A dispetto di quello che ci è sempre stato insegnato da genitori e nonni “in montagna si cammina, non si corre” Brunod ha portato il running sui sentieri di montagna, sui ghiaioni, sulla neve e fin sulle creste, quando in montagna non correva ancora nessuno.
Il libro è un racconto vivido e sentito di allenamenti e di gare di un uomo che non è mai diventato un atleta professionista, dovendosi dividere tra lavoro, famiglia e passione (come tutti noi esseri umani “normali” d’altronde). Le pagine scorrono tra i ricordi dei record di salita e discesa delle più alte montagne del mondo, fatti nel silenzio della gloria e della stampa, perché allora non c’era il circo mediatico di oggi attorno al mondo del trail, delle ultra e dello skyrunning.